Franco Campegiani
Il male d’oggi è chiuso in un recinto
di plastificate muraglie,
ghetto refrattario in una cupola
agli spiragli di luce.
Biografia
Franco Campegiani (classe 1946) vive a Marino nei Castelli Romani. Ha pubblicato nelle collane di Mario dell'Arco i testi poetici: "L'ala e la gruccia" (1975) e “Punto e a capo” (1976). Al 1986 risale “Selvaggio pallido” (Carte Segrete, Rossi & Spera), prefato da Vito Riviello con disegni di Umberto Mastroianni, e al 1989 “Cielo amico” (Ibiskos Editrice, in una collana inaugurata da Domenico Rea). "Canti tellurici" (Sovera Editrice) è del 2000, con prefazione di Aldo Onorati, e del 2012 è “Ver sacrum” (Tracce Edizioni), prefato da Ninnj Di Stefano Busà. Nel 2021 ha pubblicato "Dentro l'uragano" (Pegasus Edition), con prefazione di Aldo Onorati. In campo filosofico, nel 2001, ha pubblicato "La teoria autocentrica" (Armando Editore), con prefazione di Bruno Fabi e nota di Aldo Onorati, mentre al 2017 risale il saggio "Ribaltamenti" (Edizioni David and Matthaus), con prefazione di Nazario Pardini e postfazione di Sandro Angelucci. Critico d'arte, Campegiani è giurato in alcuni premi letterari e collabora a riviste e a blog culturali. Ha animato iniziative artistiche e letterarie, nonché eventi multimediali e iniziative ecologiche, dando impulso a svariati cenacoli e movimenti culturali. Nel 2005, con Aldo Onorati e Filippo Ferrara, ha fondato il “Manifesto dell’Irrazionalismo Sistematico” ispirato alla filosofia del Maestro Bruno Fabi. Inoltre, nel 2014, insieme a Claudio Fiorentini, ha promosso il manifesto culturale "Il Bandolo".
CASE NERE LUNGO I VIALI ASFALTATI
Il male d’oggi è chiuso in un recinto
di plastificate muraglie,
ghetto refrattario in una cupola
agli spiragli di luce.
E solo tenebre incontri
senza più coscienza delle tenebre,
case nere lungo i viali asfaltati
senza più finestre,
un dolore inconsapevole,
una notte senza sbocchi
che rifiuta l’impasto con le aurore,
un nulla radicale in estinzione,
un nero che più non genera nero,
un incubo, un’oscura follia
superba e paga di se stessa
che rifiuta il bacio dell’alba
e si occulta all’amplesso lievitante,
al groviglio fremente della vita,
e muore…
Quanti gridi di dolore nelle notti
si schiudevano all’alba in battiti d’ali!
Mai mi dicesti
che c’è un male che fa bene,
ma lo capivo dai tuoi gesti,
padre contadino,
dall’urlo muto
delle viti che potavi,
dal sudore vivo della fronte,
dalle doglie della terra partoriente
che con amore coccolavi
affinché tutto risorgesse
nuovo e bello dalle brume invernali.
Quanti gridi di dolore nelle notti
esplodevano all’alba in battiti d’ali.
ORA SI TORNA A CAPO
Oggi si torna a capo.
Rinasce primavera tra le crepe
di queste tombe
che l’inverno ha fracassato.
Si dissolve nelle tenebre la storia,
la sua boria in un ghigno il nulla attrae.
Ora si torna a capo,
alle vive origini del mondo,
nei luoghi-non-luoghi
dell’essere increato.
Spariamo dall’oblio dell’insensato,
gettati nel tunnel che conduce
all’apolide patria dell’amore,
là, nell’altro volto di Giano,
radioso e senza forme, senza tempo,
fermo agli inizi perenni
e fuso col fuoco del tempo
nel suo tempo immortale.
Erranti raggi
di quel vivido sole,
non sapevamo
di averlo nel sangue, quel sole,
una luce che rideva e giocava
disfacendo le viscere umane.
Cademmo nella piovra del torpore,
della grigia morte, immemori
che il principio e la fine
si danno sempre la mano…
Oggi uccidiamo il re tiranno
nella selva votata alla dea Diana,
nella radura sacra alle nascite
e ai nuovi albori…
Il vecchio re non ha più nulla da dire
e non vuole cullarsi sugli allori.
Prenderemo il suo posto, nuove leve,
e nei boschi dell’anima
metteremo gemme e radici.
Fedeli al Ver sacrum,
ci cresceranno le ali e chissà
se saremo all’altezza dell’amore.
LASCIARMI PENSARE DAL PENSIERO
Quando sarò nessuno,
io senza identità,
povero diavolo e cristo in croce,
ultimo degli ultimi
destato da un sogno vanaglorioso,
io merdoso superuomo
scaraventato a riva dal maroso
e gettato sotto un dattero
senza corazza né ancile,
allora mi sovverrà che Ulisse
è il nome di Nessuno.
Potenza numinosa
eterno combattente eroe divino
io nano e gigante di me stesso
io nulla e tutto
riprenderò lo scudo e l’armatura.
E in cerca d’avventura,
via dalle sabbie mobili,
fuori dalle illusioni andrò
di queste craniche prigioni.
Prendere il vento forte di maestrale,
poi nella scia della macchina astrale,
nel pensiero che vola e che mi pensa,
perché io possa, stanco di pensare,
lasciarmi pensare dal pensiero.
Svuotare la mente, rifare il pieno,
piombare nella fine
per tornare a capo.
L’una nell’altra si confondono
l’alfa e l’omega.
Tutto è immutabile
e tutto è in mutazione.
Giunge l’essere al tempo
e torna all’assoluto il relativo.